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mercoledì 8 ottobre 2014

PESCE AL CURRY PER LO STARBOOK REDONE

 



Lo Starbook è un appuntamento mensile al quale non posso mancare ed è sempre grande l’entusiasmo con cui mi butto nel testare nuove ricette, sia quando ho la fortuna di affiancare la squadra delle starbookers, sia quando partecipo al Redone, rifacendo ricette già provate nei mesi passati o tratte da libri già presi in rassegna.

Lo scorso mese di giugno ho avuto l’ebbrezza di partecipare allo Starbook quando ad essere analizzato è stato il libro India in cucina – a cura di Pushpesh Pant, che mi ha letteralmente stregato e mi ha fatto viaggiare con la mente e la fantasia, attraverso i sapori e i profumi sprigionati dalle sue ricette.

Alla fine del mese il libro fu promosso sebbene non a pieni voti perché, se da un lato colpì molto lo sforzo evidente dell’autore di raccogliere in un compendio unico tutta la cucina indiana senza peraltro tentare di “occidentalizzarla”, come avviene spesso con i libri di cucina indiana destinati ad un pubblico estero, dall’altro lato molte delle ricette prese in rassegna si rivelarono non del tutto precise, come simpaticamente ma efficacemente riassunto da Alessandra il tweet per India- The Cook Book potrebbe essere " qui abita la completezza, ma non la precisione".
Ma nonostante ciò, il libro fu “salvato” proprio per la difficoltà di un'impresa di tal genere e per il fatto che fino ad ora niente di simile era mai stato fatto.

E siccome adoro la cucina indiana, ma adoro ancor di più lo Starbook, ho “dovuto” immolarmi alla causa e provare una nuova ricetta di questo libro :)

Era da molto che mi frullava per la testa il desiderio di provare (e mangiare, visto che non mi era mai capitato fino ad ora) un curry di pesce. Quale migliore occasione?

In rosso le mie variazioni ed osservazioni e in calce le mie note.


PESCE AL CURRY DI HYDERABAD – MACHHALI KA SALAN
da India in cucina – a cura di Pushpesh Pant


Ingredienti per 4 persone

- 800 g di filetti puliti di un pesce dalla carne bianca e soda io ho utilizzato delle orate che ho poi sfilettato visto che i filetti già pronti solitamente sono di pesci meno freschi e meno buoni; se le orate sono piccole bisogna calcolare che da ogni pesce si ricavano circa 150/200 g di filetti
- 1 cucchiaio e mezzo di curcuma macinata
- 5 cucchiai d’olio visto che non si specifica che tipo di olio usare io ho utilizzato un olio extravergine d’oliva DOP Riviera Ligure, che per il suo sapore delicato si presta molto bene ad essere usato per i piatti di pesce e che ho pensato adatto per non contaminare eccessivamente i sapori indiani con ingredienti mediterranei
- 3 cipolle tritate
- 2 cucchiai di pasta di zenzero si ottiene, come indicato nell’apposita ricetta che si trova sullo stesso libro, frullando 14 cm di radice di zenzero fresca con 3 cucchiai d’acqua e si può conservare fino a 3 giorni in frigo
- 1 cucchiaino di pasta d’aglio si ottiene, come indicato nell’apposita ricetta che si trova anch’essa sullo stesso libro, frullando 200 g di aglio con 3 cucchiai d’acqua e anche questa pasta si conserva in frigo fino a 3 giorni
- 1 cucchiaio e mezzo di peperoncino in polvere
- 3 cucchiai di coriandolo macinato
- 4 pomodori a pezzetti
- 4-6 peperoncini rossi essiccati non avendo dei peperoncini secchi ma avendone di ottimi freschi e congelati presi dall’orto dei miei suoceri, ho usato quelli facendoli prima cuocere a lungo e a bassa temperatura in forno
- 1 cucchiaio di estratto di tamarindo si ottiene, come indicato nell’apposita ricetta che si trova sullo stesso libro, mettendo 50 g di tamarindo in una ciotola con 4 cucchiai di acqua tiepida, lasciandovelo per 30 minuti e passandolo attraverso un colino per scartarne i residui
- 125 ml di latte di cocco fresco o in scatola per fare in casa il latte di cocco fresco vi rimando a un magnifico post della Mapi
- sale

Disporre i filetti su un piatto da portata e frizionarli con la curcuma e un pizzico di sale. Coprire e mettere da parte.
Scaldare l’olio in una padella grande a fuoco medio, aggiungere le cipolle e soffriggere per circa 5 minuti o finché siano imbiondite. Aggiungere la pasta di aglio e salare, quindi unire il peperoncino in polvere e il coriandolo macinato e cucinare per altri 2 minuti. Unire i pomodori a pezzetti, i peperoncini e l’estratto di tamarindo e rosolare per circa 5 minuti o finché il sugo si sia ristretto e le spezie siano ben amalgamate.
Versare circa 250 ml di acqua e portare a bollore; adagiare con cura i filetti, abbassare la fiamma, coprire e cucinare a fuoco lento per 8-10 minuti o fino a cottura completa del pesce. Scoprire e incorporare il latte di cocco, mescolare lentamente e cuocere ancora per 2 minuti prima di servire.
E la pasta di zenzero dov’è finita?

NOTE

  • I tempi indicati sono 30 minuti per la preparazione e 30 minuti per la cottura e li ho trovati corretti.
  • Come per le altre ricette che avevo avuto l’occasione di provare, ho apprezzato il fatto che per ogni passaggio fosse indicato non solo il tempo di cottura ma anche come deve risultare ciascun ingrediente utilizzato dopo la cottura, in considerazione del fatto che non essendo tutti molto avvezzi a questo tipo di cucina (io per prima) e variando i tempi di cottura a seconda della pentola utilizzata, è importante avere un’idea del risultato. L’unico passaggio che però ho trovato poco corretto, proprio con riferimento ai tempi di cottura, è quello che riguarda le cipolle in quanto si dice di cuocerle tritate nell’olio caldo a fuoco medio per 5 minuti o finché siano imbiondite; seguendo alla lettera questa indicazione le cipolle si sarebbero bruciacchiate e non imbiondite come richiesto quindi ho optato per una cottura a fuoco dolce per fare in modo che le cipolle appassissero prima di colorirsi ma senza bruciarsi.
  • Ho avuto un dubbio per quanto riguardava il coriandolo perché negli ingredienti si indicava di utilizzare del “coriandolo macinato” senza che fosse specificato se si trattasse di foglie di coriandolo fresco o di semi di coriandolo. L’aggettivo “macinato” mi faceva pensare ai semi (che io stessa uso spesso con il pesce perché trovo che gli conferiscano un sapore speciale), in quanto se si fosse trattato di foglie si sarebbe usato il termine “tritato”, ma considerando che in altre ricette erano state riscontrate delle inesattezze e che il sapore delle foglie rispetto ai semi è alquanto differente, ricordandomi che alla fine del libro c’è un utilissimo glossario dedicato proprio agli alimenti più utilizzati nella cucina indiana, sono andata a vedere se ci fosse scritto qualcosa in merito al coriandolo ed effettivamente è stato utile in quanto ho trovato scritto che si tratta di Erbacea annuale di cui la cucina indiana utilizza tutte le parti: le foglie fresche come guarnizione o nel chutney verde; i semi per la finitura, per la marinata alle spezie e alcuni piatti non vegetariani; i semi in polvere (o coriandolo macinato) è tra le spezie più diffuse nella cucina quotidiana. Era quindi chiaro che per coriandolo macinato, anche se non era specificato , si intendeva i semi in polvere.
  • La quantità di peperoncino in polvere indicata è piuttosto consistente, io ho seguito alla lettera la ricetta e non l’ho ridotta perché a noi il piccante piace molto ma volendo, come all’inizio del libro viene spiegato, la dose di peperoncino indicata per ciascuna ricetta si può ridurre per adattarla ai gusti di ciascuno.
  • Ad un certo punto nella ricetta si dice di aggiungere, insieme al pomodoro e all’estratto di tamarindo, i peperoncini secchi, presumibilmente interi visto che non si dice altro. Proprio perché non ho ridotto la dose di peperoncino in polvere, ho preferito non aggiungere i peperoncini in quella fase per paura che, dovendo cuocere ancora per vari minuti, si sarebbero potuti aprire aggiungendo ulteriore piccantezza, a quel punto probabilmente eccessiva, al piatto, preferendo invece aggiungerli a fine cottura e lasciando così a ciascuno la scelta se aprirli nel proprio piatto per amalgamarli al resto degli ingredienti (cosa che poi tutti hanno fatto).
  • La quantità di acqua da aggiungere al sugo prima di adagiarvi i filetti era perfetta. Seguendo le indicazioni, mettendo il coperchio alla pentola e facendo cuocere il pesce per i circa 10 minuti richiesti, il sughetto si è ristretto al punto giusto per formare, insieme al latte di cocco aggiunto per ultimo, una salsina deliziosa e della giusta consistenza.
  • Per quanto riguarda il sapore sono rimasta molto colpita. Non avevo mai mangiato prima un curry di pesce, ma l’idea che mi ero fatta era di un pesce speziato che di pesce doveva sapere ben poco. E credo che sia facile ottenere un piatto “sbagliato”, soprattutto quando l’ingrediente principale è il pesce, se le spezie non sono ben dosate. Invece, in questo caso ho trovato che tutti i sapori fossero molto equilibrati tra loro. La quantità del tamarindo (che avevo sperimentato proprio per lo Starbook preparando una zuppa di pesce persiana, che però in quell’occasione aveva sovrastato tutti i sapori perché utilizzata in dose eccessiva) era perfetta e la sua acidità, insieme alla dolcezza del latte di cocco, è riuscita a conferire al piatto un sapore particolarissimo e molto interessante. Ma la cosa che più mi ha stupito è che, nonostante abbia utilizzato dei filetti di orata, pesce dal sapore abbastanza delicato, la salsa speziata e piccante invece di coprirne il sapore è riuscita ad esaltarlo. Insomma, questo curry di pesce è piaciuto tantissimo e sicuramente lo rifarò.
  • Per accompagnarlo ho usato un riso basmati cotto per assorbimento, come recentemente ho imparato a fare ;)

Ecco, giunta alla conclusione e per le considerazioni fatte sopra, dovrei promuovere senza dubbio la ricetta. Ma che fine ha fatto la pasta di zenzero indicata tra gli ingredienti e poi sparita nel procedimento? Ho scelto di aggiungerla insieme alla pasta d’aglio. Per fortuna questa dimenticanza dell’autore non ha costituito un impedimento ai fini dell’esecuzione della ricetta, al punto da farmi quasi pensare che in fin dei conti non si trattasse di un grave errore. Salvo poi riflettere che se anche la dimenticanza potesse essere superata semplicemente aggiungendo la pasta di zenzero in qualsiasi momento (diverso sarebbe stato non sapere quando aggiungere la cipolla per esempio, oppure il pesce), dimenticarsi un ingrediente in un libro di ricette non può che costituire un grave errore. Ma siccome alla fine la ricetta riesce ed è pure spaziale :) secondo me è:

PROMOSSA (CON RISERVA)

Con questa ricetta partecipo allo Starbook Redone di ottobre 2014. 




mercoledì 25 giugno 2014

ZUPPA DI PESCE SPEZIATA AL TAMARINDO PER LO STARBOOK REDONE

 


È la seconda ricetta che affronto del libro Pomegranates and Roses di Ariana Bundy. La prima mi aveva lasciato un po' delusa, forse perché mi aspettavo moltissimo da questo ricettario, visto che prometteva di svelare tutti i segreti della cucina persiana. La zuppa alla melagrana che preparai all'epoca dello Starbook di febbraio era molto particolare e inconsueta rispetto al gusto occidentale, un po' agrodolce, ricca di sapori, non troppo speziata, tutto sommato buona. Ma la ricetta non era molto dettagliata, certi passaggi venivano omessi e la descrizione del piatto finale era inesistente, cosa che, trattandosi di una zuppa per la preparazione della quale non veniva nemmeno indicata l'esatta quantità d'acqua da utilizzare, poteva costituire un problema. Dire infatti "se necessario aggiungere altra acqua" quando non si sa assolutamente quanto debba essere la densità finale della minestra la considero un'indicazione alquanto superficiale. Oltre al fatto che si prevedeva un utilizzo di una quantità di erbe aromatiche spropositato rispetto alla quantità degli altri ingredienti utilizzati.
Quando la scelsi come ricetta da testare, scorrendo l’indice del libro fui attratta anche da un’altra ricetta, una zuppa di pesce al tamarindo, che quindi mi appuntai decidendo che prima o poi avrei provato a farla. Seguii quindi con molta attenzione il post della bravissima Mapi che l’aveva preparata per l’occasione (si vede che mi sento molto in sintonia con il suo modo di cucinare, perché oltre ad avere una grande ammirazione per la sua bravura, spesso provo una curiosità incredibile per quasi tutte le ricette da lei proposte).
Mi piace il pesce, lo cucino spesso, ma una zuppa così speziata e particolare sicuramente non l’avevo mai cucinata né mai mangiata. E finalmente l’occasione è arrivata, con questo Starbook Redone. Ecco quindi la ricetta, che ho seguito prendendo come riferimento il post di Mapi.
In rosso le mie variazioni e in fondo le mie note e le mie conclusioni.

GHALIYEH MAHI VA MEYGOO
Zuppa speziata di pesce al tamarindo
da Ariana Bundy, Pomegranates and Roses




(quella che segue è una breve introduzione alla ricotta dell’autrice)

La cucina del Sud dell’Iran è molto diversa da quella del resto del Paese, perché subisce le influenze del vicino Pakistan; pochi sono gli Iraniani che la conoscono. Fa largo uso di spezie piccanti come il peperoncino e lo zenzero, e trovandosi sul Golfo Persico è più ricca di pesce del resto dell’Iran (a parte la zona lungo la costa del Mar Caspio). Ghaliyeh o kalya sono gli antichi termini che designano lo stufato o la zuppa.
Il tamarindo dal gusto acidulo dona a questo piatto il caratteristico agrodolce senza usare il tradizionale succo di limone.
Questa zuppa può essere fatta anche con solo pesce o soli gamberi; riducete i tempi di cottura a 10-12 minuti se usate solo i gamberi.

Ingredienti
500 g di pesce dalle carni sode (merluzzo, eglefino, rana pescatrice, etc.) in filetti (io ho usato del merluzzo fresco disliscato e pulito)
400 g di gamberi sgusciati (io li ho utilizzati interi con il guscio)
125 g di pasta di tamarindo concentrata, oppure 200 g di polpa di tamarindo passata attraverso un setaccio (io ho usato polpa di tamarindo essiccato, ammollata e passata attraverso un colino)
125 g di coriandolo fresco, sminuzzato grossolanamente
50 g di fieno greco fresco, oppure 3-4 cucchiai di fieno greco secco (io ho usato quello secco macinato)
1 grosso pomodoro spellato, privato dei semi e tritato grossolanamente
1 piccola cipolla
4 o 5 cipollotti
3 spicchi d’aglio
2 cucchiai di olio extravergine di oliva
15 g di burro
3 chiodi di garofano macinati al momento
1,5 cucchiaini di curry dolce
1 cucchiaino di zenzero fresco tritato
1 cucchiaino di sale
½ cucchiaino di peperoncino di cayenna in polvere
½ cucchiaino di pepe macinato di fresco
1/3 di cucchiaino di curcuma in polvere
900 ml di acqua calda


Far fondere il burro con l’olio. Tritare nel frattempo la cipolla e i cipollotti e versarli nel tegame e farli dorare.
Tritare intanto gli spicchi d’aglio dopo averli sbucciati e privati del germoglio interno, unirli alle cipolle e far soffriggere mescolando per 2 minuti. Unire peperoncino, curcuma, zenzero, chiodi di garofano e curry. Aggiungere il coriandolo e il fieno greco, il sale e il pepe, alzare la fiamma e far cuocere per 3-5 minuti, mescolando continuamente. Unire infine il pomodoro e mescolare.
Far sciogliere la pasta di tamarindo nell’acqua calda e versare nella casseruola. Incoperchiare, abbassare la fiamma e far sobbollire la salsa per 20-30 minuti.
Spinare accuratamente il pesce e tagliare i filetti in tranci. Metterlo nel tegame e farlo sobbollire a fiamma bassa per 15-20 minuti, facendo attenzione a non cuocerlo troppo. Aggiungere a questo punto i gamberi e prolungare la cottura di altri 8-10 minuti, o finché i gamberi sono ben cotti.
Regolare di sale e servire insieme a riso bianco.



NOTE:
La ricetta è breve e semplice. Gli ingredienti utilizzati in compenso sono molti. Per questi motivi, sarebbe stata gradita una descrizione del procedimento che desse più importanza alla sequenzialità delle varie fasi. Proprio perché il procedimento non è complicato ma è composto da varie fasi e ci sono vari ingredienti da inserire, è opportuno che si avvisi per tempo come debba essere trattato ciascuno di essi. Per fare un esempio, dopo aver detto di unire le spezie e il pomodoro alle cipolle e all’aglio si spiega di sciogliere la pasta di tamarindo nell’acqua calda, cosa che sarebbe stato meglio dire di fare per tempo, onde evitare che mentre si procede a questa operazione il resto degli ingredienti nel tegame possa bruciare.
Per quanto riguarda la pasta di tamarindo, nella ricetta si dice di utilizzare o la pasta di tamarindo concentrata o la polpa di tamarindo passata attraverso un setaccio. Non avendo io la pasta di tamarindo concentrata ma un pacchettino di tamarindi essiccati, che avevo acquistato con l’intenzione di provare un paio di ricette del libro sulla cucina indiana che è stato analizzato questo mese, mi sono trovata in difficoltà in quanto, non essendo il tamarindo un ingrediente che conosco particolarmente (anzi, non lo conosco affatto :)) non sono riuscita a capire se per polpa di tamarindo si intendesse polpa di tamarindo fresco o essiccato. Io quindi ho usato quelli essiccati, facendo difficoltà a regolarmi con le dosi in quanto erano con i semi mentre nella ricettai si indicava la polpa al netto degli scarti. Fatto sta che ho ammollato i frutti nell’acqua tiepida, dopodiché li ho schiacciati sulle maglie di un colino in maniera da separare la polpa dai semi (cosa che si riesce a fare abbastanza agevolmente) e poi ho riutilizzato la stessa acqua dell’ammollo (che aveva conservato parte del sapore del tamarindo) per aggiungerla all’acqua con cui diluire la polpa come indicato nella ricetta.


Si dice di utilizzare il curry dolce e questa cosa mi ha stupito, posto che ormai sappiamo tutti che il curry in realtà non è una spezia, come siamo stati abituati a credere, bensì una pianta di cui si utilizzano le foglie. Quello che noi siamo abituati a chiamare curry in realtà è una miscela di spezie, il masala indiano, che poi non è sempre uguale, in quanto varia a seconda delle spezie che vengono utilizzate. Si differenzia per questo aspetto la cucina persiana da quella indiana? E se sì, per quale motivo? Che cosa si intende per curry dolce in questo contesto? Insomma, non è dato di sapere in quanto l’autrice non lo spiega. Io ho usato il curry classico in polvere.
Per quanto riguarda i gamberi, nella ricetta si dice di utilizzarli sgusciati. Non so se sia davvero indispensabile ai fini di questo piatto però io ho preferito utilizzarli con il guscio, come faccio sempre, in quanto la gran parte del sapore è da quello che viene dato. Poi si può scegliere di sgusciarli alla fine quando sono cotti per fare in modo che quando si serve la zuppa sia più agevole mangiarla, oppure decidere di servirla così.
Il sapore del tamarindo è assolutamente pervadente, anche se viene abbastanza bilanciato dal sapore delle altre spezie ed erbe utilizzate. Mi ha colpito molto come, nonostante sia davvero molto forte ed acido, riesca comunque ad esaltare la dolcezza dei gamberi e il sapore del merluzzo. Però convengo con Mapi, il suo sapore per i nostri palati è davvero eccessivo. Io non ho voluto seguire il suo consiglio di ridurre le dosi (anche se in realtà, con il problema dei semi credo alla fine di averne utilizzato meno di quanto indicato) perché ero curiosa di vedere come fosse il risultato finale seguendo la ricetta originale, ed alla fine, devo dire la verità, dopo due assaggi la zuppa è al limite dell’immangiabile. Ed è un vero peccato perché riducendo, le dosi, come diceva Mapi, dovrebbe essere davvero ottima.
CONCLUSIONI:
La ricetta riesce, nonostante le osservazioni di cui sopra, e seguendo alla lettera le indicazioni e il procedimento, alla fine il risultato è una zuppa con un pesce cotto alla perfezione e un bel sughetto denso, ma non troppo, cremoso e speziato. Quindi, nonostante il sapore veramente eccessivo dato dal tamarindo (ma questo è un problema soggettivo e di gusti), la ricetta è
P R O M O S S A
Con questa  ricetta partecipo allo Starbook Redone di giugno.